La “ri-disorganizzazione” del Servizio Sanitario Nazionale

Igiene e Sanità Pubblica 2022; 78(1): 4-6

Non vi è alcun dubbio che, sotto la spinta degli effetti sanitari della pandemia da COVID19 e della approvazione (il 13/7/2021) del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), si è in presenza ancora una volta di un tentativo di riorganizzazione del Servizio sanitario nazionale. Alcuni significativi elementi di questa volontà politica sono stati già indicati negli Editoriali di questa Rivista pubblicati negli ultimi due anni – dalla dichiarazione dello stato di emergenza nazionale per il contenimento della diffusione dell’epidemia da COVID-19 (D.L. 25/3/2020, n. 19) a tutt’oggi.

Gli esperti diScienze politiche applicate alla sanità hanno fatto rilevare che le proposte di riorganizzazione – soprattutto tendenti a rafforzare la sanità territoriale (cure primarie e servizi territoriali)2 – risalgono addirittura alla legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale e sono state “rinnovellate”da numerosi successivi atti legislativi mai completamente realizzati.

La motivazione è facile da comprendere perché da tempo è fin troppo noto che non è possibile modificare un sistema, come quello sanitario (ma non solo questo), unicamente attraverso cambiamenti strutturali3. Una riforma per avere successo deve innescare un’interazione virtuosa tra il dispositivo normativo e il sistema sociale di realizzazione, composto dagli esecutori e dai beneficiari della riforma. L’antica metafora botanica della semina può rendere l’idea: anche la migliore semenza non può attecchire su un terreno arido o poco soleggiato e se le radici non trovano nel suolo il necessario alla crescita della pianta.


The “redisorganisation” of the Italian Healthcare Service

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