Nel più diffuso e insuperabile modello di Sanità pubblica, che sintetizza in tre le sue aree di attività: 1. tutela della salute; 2. promozione della salute; 3. istituzione, organizzazione e gestione dei servizi sanitari (Griffiths S, Jewell T, Donnelly P. Public Health in practice: the three domains of public health. Public Health 2005; 119: 907-13), le attività della terza area devono essere strumentali per la realizzazione delle prime due. Di fatto, la tutela della salute (nei suoi settori di potenziamento, conservazione e recupero della salute) e la promozione della salute (con il suo tendenziale perseguimento del benessere), rimangono le sole finalità che giustificano, ontologicamente, l’esistenza della Sanità pubblica. Tutti coloro che avevano interesse a realizzare tutela e promozione della salute collettiva si sono adoperati per l’istituzione di servizi sanitari, che con l’aumentare del numero degli elementi costitutivi sono diventati veri sistemi (sistema di servizi sanitari)1. La storia della Sanità pubblica (Giorgio Cosmacini. Storia della medicina e della sanità in Italia. Dalla peste nera ai giorni nostri. Laterza ed. Bari, 2016) è ricca di protagonisti che, per raggiungere la tutela e la promozione della salute collettiva, hanno contribuito a sollecitare e sostenere la istituzione di idonei servizi sanitari2. É praticamente impossibile citare tutti i protagonisti, cultori della Sanità pubblica, che hanno ritenuto e potuto svolgere questa missione in quanto, accanto ai più noti che hanno legato il loro nome a riforme a livello nazionale (Pagliani, Giovanardi, Seppilli ecc.), ci sono i numerosissimi che a livello locale organizzano e gestiscono i servizi sanitari con l’aspirazione di perseguire la tutela e la promozione della salute collettiva. Anzi l’attuale ordinamento, che prevede regionalizzazione ed aziendalizzazione dei servizi sanitari, favorisce questo compito a condizione di conoscere e condividere i principi ispiratori.
Alla luce dello sviluppo nel tempo delle conoscenze scientifiche, non solo mediche, è stata a suo tempo proposta dall’Organizzazione mondiale della Sanità l’Assistenza sanitaria primaria (ASP), una articolata strategia per perseguire, con validità mondiale, le due strade, tra loro collegate, indicate dalla Sanità pubblica: la prima in una direzione molto ampia che punta al benessere sociale (promozione della salute); la seconda in una direzione più ristretta che punta alla qualità di vita (tutela della salute).
Questa asserzione sulla genesi della ASP è rilevante perchè chiarisce il suo stretto rapporto “filiale” con la Sanità pubblica. Allorquando nel 1978, nella Conferenza internazionale sull’assistenza sanitaria primaria di Alma Ata, fu sottoscritta e divulgata la omonima Dichiarazione3 (non a caso lo stesso anno della Istituzione del Servizio sanitario nazionale), non furono enunciati altro che i principi propri della Sanità pubblica e cioè: a) la salute come fondamentale diritto umano (con la celebre definizione di “completo benessere fisico, mentale e sociale e non solo assenza di malattia o infermità”); b) la tutela della salute da conseguire con la copertura universale da parte di idonei servizi sanitari (in primis l’assistenza primaria o meglio di base4); c) la promozione della salute, o meglio del benessere, attraverso lo sviluppo economico e sociale della popolazione. La Dichiarazione di Alma-Ata fu un evento rivoluzionario riuscendo ad unificare i rappresentanti politici e tecnici di 134 paesi nel comune proposito di condividere i valori essenziali di giustizia sociale, il diritto a una salute migliore per tutti, il sostegno alla partecipazione e la difesa della solidarietà. E raggiunsero anche l’accordo di adottare la ASP come prospettiva di riferimento per raggiungere “la salute per tutti” nell’anno 20005, un programma di ampio respiro che si spinge a completare la riduzione delle ingiustizie sociali e delle disuguaglianze di salute.
I valori espressi ad Alma-Ata, da molti considerati allora principi etici radicali, suggeriti dai cultori ed esperti di sanità pubblica, sono divenuti col tempo aspettative sociali largamente diffuse tra le popolazioni: la risposta deve giungere da sistemi sanitari orientati ad assicurare l’equità e soddisfare la crescente domanda di assistenza centrata sulla persona. Per tale motivo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha sentito il bisogno di ribadire, nel 2008, la necessità di rianimare e rilanciare la ASP, “ora più che mai” (The World Health Report 2008: Primary Health Care, Now More Than Ever. Geneva: WHO, 2008).
In occasione poi della celebrazione dei 40 anni della Dichiarazione di Alma Ata è stata organizzata una nuova Conferenza internazionale ad Astana che si concludeva: «Noi, capi di Stato e di governo,… riaffermando gli impegni espressi nell’ambiziosa e visionaria Dichiarazione di Alma-Ata del 1978 e nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile6, nel perseguimento del programma “Salute per tutti”», avendo constatato il ritardo della sua realizzazione, riteniamo necessario predisporre una nuova Dichiarazione . Questo richiamo ai 21 obiettivi della “Salute per tutti nel 21° secolo” ed ai 17 obiettivi dell’“Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile” può essere tranquillamente ritenuto l’immenso territorio a disposizione dagli operatori della sanità pubblica per essere esplorato, conquistato e presidiato.
Nei quattro decenni trascorsi dalla Dichiarazione7 di Alma-Ata “l’ambiziosa e visionaria” proposta (nelle parole dei loro promotori) è stata oggetto di “riflessione” e quindi sviluppata, interpretata, elaborata, perfezionata, trasformata (dai “mendicanti” secondo Hölderlin), producendo una quantità enorme di materiale cartaceo, senza essere mai completamente realizzata (secondo la legge 833/78 affidata “allo Stato, alle regioni e agli enti locali territoriali”)8.
Come in quasi tutti i paesi europei, anche in Italia l’ASP ha avuto una vita travagliata in quanto, dopo l’iniziale attenzione al momento della istituzione del Servizio sanitario nazionale, è stata emarginata dagli aggiustamenti strutturali e dalle riforme settoriali degli anni ’90. In particolare sono stati trascurati i tre principali pilastri che la sostengono: il rafforzamento del ruolo (empowerment) degli individui e delle comunità; le politiche e azioni multisettoriali; e la fornitura integrata di cure primarie di qualità e servizi di sanità pubblica9. Soltanto di recente, sotto la spinta delle esigenze assistenziali conseguenti al trend demografico ed epidemiologico e della sostenibilità economica, si dispone di una visione governativa esplicita, in quanto espressamente prevista in documenti politici, sul ruolo dell’ASP nel sistema sanitario .
In questo momento di attuazione dell’Accordo Stato-Regioni del 22 novembre 2012 in tema di assistenza10 primaria, perché non prevedere una struttura ispirata al Cochrane Institute of Primary Care and Public Health che, partendo dalla visione integrata di Sanità pubblica e di Assistenza sanitaria primaria, affronta temi (ad es. infezioni comuni e antibiotico-resistenza; medicina comportamentale; attenzione ai primi anni di vita; luoghi salubri; invecchiamento sano), non tanto perchè nuovi ma perchè trattati in forma innovativa e collaborativa tra diverse discipline?11
Per concludere, uno dei più recenti tentativi di tracciare la storia della ASP e tentare una sintesi dell’immenso serbatoio conoscitivo che la riguarda è il nuovo volume di Jan De Maeseneer 12 che cerca di dare una risposta a tre preoccupanti interrogativi: qual è il compito della ASP nella società di oggi e di domani? Come si può affrontare e risolvere l’aumento della disuguaglianza di salute e di assistenza sanitaria, compresa la minaccia rappresentata dalla multimorbosità pandemica? Come è possibile mantenere l’assistenza sanitaria accessibile e sostenibile in futuro? La risposta a questi quesiti sono quelli che impegneranno nel prossimo futuro tutti gli operatori di sanità pubblica.